obiettivamente… sul Nucleare

RPSp veduta dei Pian di Spagna photo © Giovanni Salici RPSp veduta dei Pian di Spagna photo © Giovanni Salici RPSp veduta dei Pian di Spagna photo © Giovanni Salici RPSp veduta dei Pian di Spagna photo © Giovanni Salici
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photo © Giovanni Salici – Breve prefazione didascalica:
I Pian di Spagna furono indicati negli anni ’60-’70 come possibile locazione di una centrale nucleare. Documenti catastali indicavano già l’acquiso di alcuni terreni da parte di una società dall’indubbio nome.
Una nuova voce sparata ed incontrollata ha di nuovo suscitato nelle scorse settimane polemiche e perplessità, oltre che timore tra la popolazione. Risulterebbe però abbastanza improbabile oggi poter realizzare una centrale atomica in quest’area, anche solo per il fatto che questo sito é divenuto prima una zona protetta dalla Convenzione di Ramsar, inoltre Riserva Naturale ed infine inserito in un sistema di riserve europee denominato Rete 2000. Anche solo la semplice richiesta del governo fatta alla Comunità Europea per costruire un elemento così incompatibile, aprirebbe probabilmente non una semplice procedura di infrazione ma direttamente una sanzione effettiva.
Ma si sa, siamo in Italia e bisogna sempre guardarsi le spalle.
di © Giovanni Salici

obiettivamente… sul Nucleare di © Deborah Muzzu Martis

Menaggio, 05 febbraio 2010
Nel 1987, ad un anno dalla tragedia di Chernobyl, gli Italiani, con un referendum, affermavano con decisione il loro no al nucleare: il primo Paese in Europa ad uscire dal nucleare. Più di vent’anni sono passati, il mondo è andato avanti ed oggi ci si ritrova a fronteggiare nuovi e vecchi problemi, in cui l’approvvigionamento energetico gioca un ruolo fondamentale: abbiamo bisogno di tanta energia (anche se si potrebbe consumare meno…), ma non possiamo dimenticare la salute del nostro pianeta e che il petrolio un giorno finirà. Così il governo attuale, senza tenere conto dell’esito dell’ormai maggiorenne referendum, ha deciso di fare inversione di marcia e di tornare all’energia nucleare:
1) per cercare di rispettare gli accordi europei per la lotta ai cambiamenti climatici (che prevedono entro il 2020 una riduzione del 20% delle emissioni di CO2);
2) per rispondere parzialmente all’aumentata richiesta di energia;
3) per diminuire la dipendenza del nostro paese nei confronti di altri stati e
4) si promette addirittura di ridurre la bolletta…

I primi passi sono già stati fatti: il 22 dicembre 2009, il Consiglio dei Ministri ha approvato il decreto legislativo che disciplina la localizzazione sul territorio nazionale degli impianti di produzione di energia nucleare e di fabbricazione del combustibile nucleare, dei sistemi di stoccaggio del combustibile irraggiato e dei rifiuti radioattivi, nonché le misure compensative e campagne informative. Prima di divenire definitivo, l’atto deve passare sotto l’esame di altri organi e commissioni, cui segue la redazione del documento di “strategia nucleare” con cui vengono delineati gli obiettivi strategici in materia. Con le elezioni regionali della prossima primavera, è probabile che non si registreranno grosse novità fino al dopo voto.
Intanto però diverse regioni, indipendentemente dal loro orientamento politico, hanno già detto NO alla presenza di centrali nucleari sul loro territorio. Ma il Governo dà battaglia ed ha già fatto ricorso alla Corte Costituzionale per impugnare le relative leggi regionali e capire a chi spetta la competenza del caso.
Per ora, il futuro appare incerto… Anche perché in un territorio come l’Italia, non è cosa semplice individuare un sito idoneo alla localizzazione di una centrale: innanzitutto, bisogna fare delle valutazioni di tipo geologico, che prendano in considerazione la sismicità, ma non solo; poi occorre che ci sia a disposizione molta acqua per il raffreddamento dei reattori, e, non ultimo, ci vuole il favore di buona parte della popolazione ospitante.
Fino ad ora la Regione Lombardia non ha ancora espresso parere favorevole, né tanto meno contrario.

Sicuramente l’energia nucleare apporta dei vantaggi che si possono riassumere così:
1) Le centrali nucleari non producono anidride carbonica ed ossidi di azoto e di zolfo, principali cause del buco nell’ozono e dell’effetto serra.
2) La produzione di energia dal nucleare riduce l’importazione di petrolio e la dipendenza delle economie dal petrolio. La copertura del fabbisogno energetico interno tramite il nucleare riduce la possibilità degli shock esterni sull’economia e consente ai governi un minore carico di spesa sulla bilancia dei pagamenti con l’estero.
3) Le principali riserve petrolifere sono concentrate in pochi paesi ad elevata instabilità politica (Medio Oriente) che rischia di trasmettersi anche nei paesi fortemente dipendenti dall’importazione del petrolio. L’uso del nucleare riduce la dipendenza occidentale dal petrolio mediorientale.

Ma è davvero tutto così semplice? Quali sono gli svantaggi?
Le centrali nucleari attive nel mondo sono ancora molte: secondo l’Aiea (Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica), a ottobre 2007 erano 439 i reattori operativi, che contribuiscono però solo per il 15% alla produzione elettrica mondiale. I Paesi leader per numero di reattori attivi sono gli Usa con 104 impianti, seguiti dalla Francia con 59 reattori, e dal Giappone con 55 reattori. In costruzione ce ne sono altri 32: 7 in Russia, 6 in India, 5 in Cina, 2 a Taiwan, in Bulgaria, in Corea e in Ucraina, 1 in Argentina, Finlandia, Iran, Giappone, Pakistan e Stati Uniti.

Secondo le stime dell’Aiea sul contributo dell’atomo alla produzione elettrica mondiale, contenute nel rapporto “Energy, elettricity and nuclear power estimates for the period up to 2030” pubblicato nel 2007, nei prossimi decenni si passerebbe dal 15% del 2007 a circa il 13% del 2030. E’ evidente, quindi, che questa fonte energetica non basta e non basterà a coprire il nostro fabbisogno di energia e neanche a ridurre le emissioni di gas serra in atmosfera. Se l’Italia volesse allinearsi alla produzione elettrica media UE da fonte nucleare (pari al 30%), bisognerebbe localizzare sul territorio italiano e costruire 8 reattori come quello in costruzione in Finlandia (è il più grande al mondo), oppure 8 come gli ultimi costruiti in Francia tra il ‘96 e il ‘99, oppure 12 reattori della stessa taglia del più grande in costruzione attualmente in Cina oppure 13 di quelli di tipologia russa. E per costruire una centrale nucleare ci vogliono almeno 10-15 anni.
Per non parlare dei costi elevatissimi della costruzione degli impianti, della copertura assicurativa in caso di incidenti, dello smantellamento dei reattori, della gestione delle scorie e la realizzazione del futuro deposito geologico di stoccaggio. Proprio per i costi elevati ed i grandi rischi finanziari, l’industria nucleare nei mercati liberalizzati è in crisi e cerca fondi pubblici, sia come incentivi che come fondi a tasso agevolato, come la presidenza Bush aveva introdotto negli USA.
Anche il caso della vicina Finlandia è emblematico: il nuovo impianto nucleare Epr finlandese, dello stesso modello che si vorrebbe fare in Italia, in tre anni ha prodotto atti giudiziari, ritardi e un danno al contribuente per 3,5 miliardi di euro. E l’impianto Epr (Olkiluoto 3), che doveva essere consegnato nel 2009, non sarà consegnato nemmeno nel 2011, avendo accumulato 3 anni di ritardo nei primi 3 anni di cantiere.
In Gran Bretagna i soli costi per la gestione delle scorie hanno prodotto un buco nei conti pubblici di 90 miliardi di euro.
Ancora oggi poi, a circa 60 anni dalla nascita della tecnologia nucleare civile, non esiste una tecnologia nucleare intrinsecamente sicura e la gestione a lungo termine delle scorie nucleari non è stata risolta da nessun paese. L’eredità radioattiva dell’Italia, derivante dalla prima era nucleare, conta secondo l’inventario curato da Apat (Agenzia per la Protezione dell’Ambiente e per i Servizi Tecnici, oggi accorpata all’ISPRA) circa 25 mila metri cubi di rifiuti, 250 tonnellate di combustibile irraggiato pari al 99% della radioattività presente nel nostro Paese, a cui vanno sommati i circa 1.500 metri cubi di rifiuti prodotti annualmente da ricerca, medicina e industria e i circa 80-90 mila metri cubi di rifiuti che deriverebbero dallo smantellamento delle 4 centrali e degli impianti del ciclo del combustibile. Il solo costo dello smantellamento delle vecchie centrali nucleari in funzione prima del 1987 è valutato in circa 4 miliardi di euro.

Quanto ci costerà lo smaltimento delle nuove scorie?
Alla luce dei dati appena indicati, siamo sicuri che le bollette si abbasseranno con il nucleare?
O quello che ci verrà tolto da una parte lo pagheremo da un’altra con qualche nuova tassa?

Esiste anche la necessità di rendere inutilizzabile il materiale fissile di scarto per la possibile costruzione di bombe, soprattutto in uno scenario mondiale in cui il terrorismo globale è una minaccia attualissima. Dal trattamento delle scorie, infatti, può essere estratto il plutonio, materia prima per la costruzione di armi a testata nucleare, mentre gli impianti nucleari attivi e quelli in costruzione, possono purtroppo diventare essi stessi obiettivi sensibili per i terroristi.
Non bisogna poi dimenticare che anche l’uranio, come il petrolio, è una risorsa limitata: è stato calcolato che le riserve di uranio estraibili a costi calcolabili, ai livelli attuali di consumo, si esauriranno in circa 70-80 anni.

Il nucleare è dunque una tecnologia in declino ed è il settore energetico meno efficiente nella creazione di posti di lavoro.

Entro il 2020 le fonti rinnovabili insieme a misure di efficienza energetica (consumare meno e meglio) saranno in grado di produrre quasi 150 miliardi di kilowattora, circa tre volte l’obiettivo del governo sul nucleare, creando almeno 200 mila nuovi posti di lavoro “verdi” (cosa non trascurabile, soprattutto in momenti di crisi economica come questo).
Per ridurre le emissioni di gas a effetto serra e combattere il riscaldamento globale bisogna puntare sulle alternative più sicure ed efficaci: fonti rinnovabili ed efficienza energetica. Investire sul nucleare introduce rischi e assorbe molte risorse economiche che potrebbero essere, invece, utilizzate per la ricerca e lo sviluppo delle fonti rinnovabili, senza scorie pericolose da lasciare in eredità alle generazione future e senza rischi per la popolazione.

Nonostante la mia posizione personale di partenza fosse a sfavore del nucleare, quando mi è stato proposto di realizzare questo articolo, ho pensato che potesse essere un buon motivo per cercare una documentazione più approfondita e, reputandomi una persona aperta ad idee diverse, ho deciso di lasciarmi alle spalle il mio pensiero e di partire da zero, pronta anche a cambiare idea se avessi trovato qualcosa di convincente…
Il problema è che non l’ho trovato, ma, anzi, ancora di più mi sono convinta che il nucleare non sia la risposta e che non voglio questo tipo di energia nel mio Paese. La decisione in merito a questa materia è stata presa già nel 1987: iniziare oggi a sviluppare l’energia nucleare nel nostro Paese vuol dire essere in ritardo su tutto sul fronte energetico, sul nucleare e sulle fonti rinnovabili.

© Deborah Muzzu Martis
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Per approfondimenti:
– Legambiente (Laura Biffi, Stefano Ciafani, Stefano Generali, Simonetta Grechi, Lucia Venturi), I problemi irrisolti del nucleare a vent’anni dal referendum, 2007 (www.legambiente.it)
– IAEA www.iaea.org
www.greenpeace.it
– APAT www.apat.it
– International Nuclear Safety Center www.insc.snl.gov
– Amici della terra www.amicidellaterra.it
www.ecoage.it/energia-nucleare-vantaggi-e-svantaggi.htm

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