risvolti sull’omicidio di Como
Como, 03 febbraio 2010
Il giorno successivo al tragico delitto di Como vengono confermate le dinamiche dei fatti ed il movente.
Alberto Arrighi è stato ripreso dalle stesse telecamere di sorveglianza della sua armeria mentre ha sparato a Giacomo Brambilla.
Tre colpi di rivoltella in testa, uno alle spalle. Due con un’arma del negozio ed uno con l’arma regolarmente posseduta della vittima, che portava con se.
Brambilla che era andato all’appuntamento probabilmente per definire l’acquisto dell’armeria, aveva con se 100 mila euro che sono in seguito stati ritrovati presso la pizzeria Conca d’Oro, luogo dell’occultamento della testa del cadavere.
Il delitto risale al pomeriggio di lunedì. Arrighi è poi uscito dal negozio per recarsi al poligono di tiro. Tornato in serata ha provveduto a tagliare la testa con un seghetto come egli stesso ha dichiarato.
Ha poi trascinato i pezzi del corpo sulla porche cayenne della vittima e si è diretto nella pizzeria del suocero (Emanuele La Rosa anch’esso arrestato) dove insieme hanno tentato di bruciare il cranio nel forno a legna.
Insieme, i due hanno poi trasportato il resto del corpo in una valle vicino a Domodossola dove l’hanno gettato in un dirupo. Sono tornati a Senna Comasco dove il suocero ha preso la propria vettura ed ha seguito l’omicida sino a Nova Milanese, luogo dove ha abbandonato la porche. Da qui hanno fatto poi ritorno a Como durante la folle notte.
Ivan Colciago avvocato di Arrighi ha dichiarato oggi che: “il suo cliente si sta rendendo conto del gesto grave follia e che è molto dispiaciuto anche per avere messo in questa situazione i familiari”.
Ha poi aggiunto che verrà richiesta un perizia psichiatrica in quanto il suo cliente è una persona normale e che il gesto commesso è frutto di un raptus incontrollato.
Emanuele La Rosa, il suocero, rischia invece la condanna per distruzione di prove ed occultamento del cadavere.
La convivente della vittima ha rilasciato oggi questa dichiarazione trasmessa da Espansione TV durante il TG di oggi:
“lunedì sera aspettavo Giacomo con la tavola apparecchiata ma non è arrivato.
L’ho cercato e fatto cercare per tutta la notte.
Impazzivo, impazzivo, impazzivo.
Era quasi l’alba quando ho capito, non so come, che non l’avrei più rivisto.
La mattina l’ho cercato nel negozio di Arrighi, dovevano vedersi per problemi economici: per quanto ne so erano soci.
Adesso non c’è più. Spero di poter guardare Alberto Arrighi negli occhi.
Non lo perdonerò mai, per me non esiste perdono, passasse anche un secolo.
Ha distrutto la vita del mio compagno, quella di suo figlio, della famiglia, la mia.
Posso capire che la mente sotto stress possa portare reazioni incontrollate e incontrollabili, ma quello che è successo dopo l’omicidio chiede una lucidità assoluta.
In questi giorni ho pianto tutto quello che dovevo piangere. Non ho più lacrime.
Un lutto del genere non ha paragone, ti devasta dentro.
Sono morta con Giacomo e non ho futuro. Ve ne parlo solo perché me lo fa sentire più vicino e chiedo al mondo perché? “.
© Giovanni Salici
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