Luci blu nel cuore – Covid19 – II
Menaggio, sabato 14 marzo 2020
Luci blu nel cuore – Covid19 – II
Sono un volontario del soccorso, dal 1987.
Sono 33 anni che soccorro la gente nelle più disparate situazioni, a volte drammatiche, a volte anche buffe come quella notte che siamo intervenuti su u anziano che nel girarsi nel letto, non si sa come, era finito con la testa sul comodino dove c’era una campanella (che serviva lui in caso per chiamare). Una di quelle campanelle d’ottone stile messa, che le si era infilzata dalla parte del manico nella guancia. Abbiamo caricato l’anziano stabilizzando prima l’oggetto conficcato nella faccia…. abbiamo fatto tutto il viaggio con la campanella che tintinnava. Non vi dico…. preoccupati per la ferita ma a volte non si poteva non sorriderci sopra. Come pensate che siamo entrati in Pronto Soccorso? Esatto, tintinnando.
Vedete nella vostra immaginazione il volto dei medici? Proprio quella!
Mi ricordo un’altra volta, siamo usciti in codice 3 (all’epoca erano numeri) che significava la massima urgenza, percolo di vita. All’ora c’era solo volontariato, su giro di telefonate o reperibilità. Io e Giorgio avevamo mollato la nostra attività (lui pescatore), eravamo i più gettonati perchè più o meno liberi di gestire il tempo, io, mentre lui, aveva la famiglia che poteva portare avanti il negozio.
Ci siamo fiondati in sede CRI, saliti mezzi vestiti sull’ambulanza e volati a …. non ve lo dico per motivi di riservatezza anche se sono passati molti anni.
La chiamata diceva “località: …. bimba investita …anni …(pochissimi)”
Poco tempo per percorre una dozzina di chilometri tra traffico, gente che attraversa la strada nei paesi, chi dal tavolo del bar si gira per la sirena…. coda fissa sin da due chilometri prima…. “arrivo in posto” dico io alla radio. La gente attorno quasi ammutolita.
La bimba era stesa morta, già morta, in modo evidente!
Sull’asfalto alcuni frammenti che testimoniavano il quanto.
“818 dalla CO 253” dico alla radio, “”avanti 253..” risponde la voce amica dalla centrale, “codice 4 -proseguo- 253 in rientro operativa”
Io e Giorgio facemmo il nostro viaggio di ritorno muti.
Non ricordo se piansi in ambulanza o dopo, ma mi commuovo anche ora a scrivere, a distanza di anni.
Questi sono solo due degli esempi di chissà quanti servizi d’urgenza svolti in questi 33 anni.
photo © Giovanni Salici All right reserved – Tutti i diritti sono dell’autore
notte turno CRI durante CoVid-19, Menaggio 13 marzo 2020 h 4.00 HTC_20200313_045656
richieste di immagini ed acquisto sia per pubblicazioni che per privati ad Archivio Fotografico Giovanni Salici
Li ho raccontati brevemente perché l’altra sera, montavo il turno di notte in CRI-118, in questo momento di Corona virus CoVid-19.
Mi stavo vestendo, come altri turni, ma non era un altro turno, era un turno diverso con ansie e timori.
Una attenzione al vestirmi rallentata dal ragionamento, da cosa prendere per passare la notte o cosa lasciare.
L’altra sera, dopo oltre trent’anni di Croce Rossa, ho avuto paura!
Non mi vergogno a scriverlo e a farlo sapere, perché la paura salva la pelle, perché ho visto e sentito la paura anche in alcuni colleghi che incontro e mi confronto in questi giorni, magari mascherata dietro una apparente esuberanza, sicurezza, senso del dovere e di appartenenza alla CRI, ma la paura c’è.
Quella notte l’ho passata senza dormire, senza andare nel letto. L’ho passata seduto e vestito a guardare la tv che trasmetteva robaccia. Solitamente di notte, se non si dorme, è perché si esce.
Alle 5 del mattino mi affaccio a sentire meglio il canto degli uccelli e poco dopo ho visto passare una faina.
Ho pensato che quella fosse la cosa più bella che poteva regalarmi quella notte.
Che forse la faina è il mio animale accompagnatore di questo periodo o anno perché è già la terza volta in pochi mesi che la incontro sulle mie strade.
Ho pensato che fosse un segno… ma questo lo saprò solo tra almeno una trentina di giorni.
Restate a casa, affinché i soccorritori possano avere meno paura.
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