L’Africa non cambierà mai ! – part 2

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#Profughi2015
L’Africa non cambierà mai !
“Africa is big problem!”

L’Africa non cambierà mai ! – part 2

scirtta il 28 agosto
pubblicata giovedì 31 dicembre 2015

seconda parte – il pomeriggio
Clements, arriva dalla Nigeria, è all’interno della sala da pranzo, un grande tavolo ovale composto da più tavoli ricoperti con mosaico colorato di vetri, specchi, ceramiche, i muri giallo ocra stile quasi veneziano. Si da un gran d’affare, nel controluce della finestra, nel preparare ed apparecchiare la tavola; lo aiuta Hanne. Tra poco tutti mangeremo insieme.
Ci si siede, mentre due ragazzi fanno una sorta di catena per il passaggio dei piatti riempiti da Clements e Sergio: orzo con zucchine, molto buono.
Insalata sul tavolo, melone come frutta, e mentre Biagio mi domanda qualcosa sul mio reportage, tutti gli altri in silenzio. Sono abituati così mi dice poi Nadia Lotti di Lunalpina: “loro appena cominciano a mangiare stanno in silenzio”. Come in convento penso, ma anche come piace a me. Il momento del cibo è sacro, questo ce lo possono proprio insegnare.
Come il pranzo termina, riecco ricomparire il vocio, parlano tra di loro e socializzano, poi alla spicciolata escono. Chi nel dormitorio a riposare, Hibrahim sta al sole su una sedia in una posizione apparentemente precaria, altri in relax su una sedia nel cortile. E’ tempo di pennichella e Kaba si appisola sul pavimento di legno dell’aula didattica, così, semplicemente sdraiato prono sotto la finestra chiusa per non sentire rumori, come cuscino il braccio sotto la guancia ed un lembo di stuoia sotto il braccio; che tenerezza, che semplicità; dove sono tutti i confort di cui noi non possiamo farne a meno? Questa è l’essenza perduta dell’uomo, penso. Richiudo la porta per non svegliarlo e torno in cortile.
L’avevo subito notato al mattino, con quella maglia azzurra della nazionale italiana col numero 10 sulla schiena; lo ritrovo che fa il bucato e poi stende pochi indumenti tra i quali la maglia di calcio dell’Inter. E’ Shaibu Abu, del Ghana. Gli scatto delle foto e si mette in posa da solo felice di esibire un pollice verso l’altro davanti alle mollette mentre sta dietro la maglia appesa al filo. Gli chiedo: “ma sei tifoso dell’Inter?” e mi risponde di si!
Ma l’Inter è conosciuta in Ghana? Mi conferma di si.
Penso: certo che la squadra che fu anche del mio cuore, è famosa per aver vinto molto in passato ma altrettanto per non vincere mai nulla nel presente, eppure la conoscono in Ghana. Gli dico invece che anche mio padre fu un grandissimo tifoso di questa squadra.
Finisce di stendere e torna in dormitorio per una breve pausa.

Nel frattempo il cortile si anima.
Compare un sedia, compare un rasoio elettrico con taglia capelli e compare anche un barbiere.
Anzi due ragazzi che con due taglia capelli elettrici radono quasi a zero altrettanti due amici. Il tutto rigorosamente sotto il sole, accanto ad alcuni pneumatici accatastati. Una scena che potrebbe essere tipicamente africana se sullo sfondo no ci fosse la valle dell’Adda.
Non va bene invece a Sergio che si lascia convincere da Biagio, arrivato dopo, a sistemarsi a sua volta i capelli. Biagio non lascia scampo. Sergio diventa prima moicano, poi frate, poi decisamente Kojak.

Premi sul link per il reportage #Profughi2015 L’Africa non cambierà mai ! part 2 27 agosto 2015

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Emanuel
Sulle prime è un po’ titubante nel raccontare la sua storia ed il suo viaggio. E’ alto, Emanuel Ampondi, una maglia giallo sole come quello che scalda il suo paese, il Ghana. Il suo racconto durante questo incontro è a tratti interrotto da espressioni di dubbio e di domande aperte senza risposta, espressioni occhi alzati in cerca di risposta che terminano quasi sempre con il sorriso bianco enorme, su quel contrasto di nero pelle.
Anche a lui voglio chiedere il perché è dovuto partire dalla propria terra …
Mi racconta che vi sono molteplici dispute locali, molto dure, per questioni di terre contese. Ha perso sia il padre che la madre, uccisi da altri contadini.
Emanuel: “un giorno sono capitato in una di queste dispute e mentre cercavo entrare nel merito mi hanno preso e mi hanno lasciato delle ferite (mostra le cicatrici) ad un certo punto ho capito che dovevo andarmene per salvare la mia vita e con un amico siamo andati in Nigeria…
GS Cosa hai fatto una volta arrivato in questo paese dal quale i nigeriani scappano a loro volta?
Emanuel:ho trovato lavoro presso un bike-shop, potevo e volevo imparare qualcosa sui motori e sulla meccanica, ma non ero pagato“.
GS Scusa ma se non eri pagato avevi almeno vitto e alloggio? Come facevi?
Emanuel:era molto dura, dormivo lì, dentro nel negozio ma non avevo cibo. Abbiamo poi deciso col mio amico di andare il Libia dove abbiamo trascorso 8 mesi; ma in Libia è molto difficile per un cristiano“.
GS Quindi tu sei cristiano Emanuel?
Emanuel:si, ho dovuto usare un nome mussulmano però, altrimenti potavo essere torturato ed ucciso; frequentavo un luogo (abbiamo capito che si trattasse di un grande magazzino od un centro commerciale ndr) e qui mi avevano chiesto i primi tempi se ero cristiano o mussulmano e gli risposi che ero mussulmano ed il mio nome era Abù Aca; sono riuscito così a poter vivere lì ma dovevo stare molto attento; poi un giorno un mio amico mi vede e mi chiama -ehi Emanuel!- e la situazione è diventata preoccupante“.
GS Cosa è successo?
Emanuel:colui che mi chiese se ero mussulmano o cristiano si avvicinò e domandò chi fosse Emanuel e da lì cominciò ad arrabbiarsi e a telefonare; ho capito che stava chiamando altre persone e a quel punto sono scappato di corsa e non mi sono fermato perchè mi avrebbero tagliato la testa“.

Ripete molte volte con diverse frasi “cut my head” Emanuel. Molte e più volte forse per farmi davvero capire la drammaticità o per essere sicuro che avevo compreso. I suoi occhi ed il suo viso non lasciano dubbi su come poteva finire in qul giorno la sua giovane vita.

GS E poi, il tuo viaggio? Com’è stato?
Emanuel:è stato un viaggio very serius… very difficult! (ripete più volte), eravamo un centinaio di persone a bordo …
Aggiunge che non sa di preciso, ne se la barca fosse molto piccola o come; appare e dice di essere confuso in questa parte di racconto..
Emanuel: “La mia Anima era lontana !”

Annuisco e comprendo.

Chiedo se può dirmi quanto è costato il viaggio e mi risponde circa 800 dinari nigeriani che dovrebbero essere intorno ai 500 euro.
Anche la sua imbarcazione poi, come da copione, viene abbandonata dagli scafisti e dopo essere andati per un tempo indeterminato alla deriva, vengono salvati da una nave molto grande.

GS Emanuel ti voglio fare la stessa domanda che ho posto stamattina ad Ibrahim, ovvero se secondo te l’Europa può fare davvero qualcosa per risolvere i problemi politici e religiosi in Africa?
Emanuel:l’Europa sta già facendo, ogni volta che c’è un progetto da un paese europeo è ben visto; certo non da tutti“.

Ma riformulo la domanda perché anche con Emanuel voglio mettere il punto non tanto sui progetti materiali ma sulle questioni ahimè più umane e quindi politiche religiose che sono quelle davvero difficili. Gli ripeto meglio la domanda e sollevando gli occhi accompagnati da un grande sospiro mi dice: “Africa is big problem!

Conclusioni
La mia visita al centro Oikos di Triagia nel comune valtellinese di Castione Andavenno si conclude poco più tardi; dopo aver realizzato alcuni scatti di ritratto ad alcuni di questi ragazzi, che dietro un iniziale volto serio si lasciano trasportare verso un sorriso.

Anche in questa seconda parte de L’Africa non cambierà mai ! ne emerge a mio avviso una criticità di quel continente, più che importante oltre che evidente.

Frasi come “Aiutaimoli a casa loro” che in teoria apparirebbero come il più corretto procedere, in realtà perdono il senso a fronte queste storie, che sono poi La Storia. Presente.

Probabilmente non è più possibile aiutare l’Africa ed il suo popolo ad avere una vita migliore, non in questa ne nella prossima generazione almeno. E’ una triste e dura realtà ma questo continente così bello naturalisticamente, culturalmente e storicamente parlando, sta scoppiando e non ci saranno frasi come “Aiutaimoli a casa loro” ne altre come “Menaggio immigrati no grazie” (vedi la “Intro”) piuttosto che con altri nomi di città, che possano cambiare la storia del mondo e la realtà futura dell’Europa. Quella di essere un luogo dove europei doc e immigrati da più paesi, soprattutto dall’Africa, dovranno per forza decidere di convivere serenamente, di approfittare di questo per conoscere nuove storie e nuovi mondi…. altrimenti il destino dell’Europa nei prossimi secoli sarà il medesimo visto in questo copione in svolgimento, ovvero faremo la fine dell’Africa e non potremo dare la colpa che a noi stessi.

Per Gsnews notizietraleRive
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puoi leggere l’intro
poi L’Africa non cambierà mai ! – part 1
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