per un biglietto

per un biglietto
Editoriale

venerdì 08 settembre 2016
Ieri stavo leggendo un articolo di cronaca sul sito di un noto quotidiano locale.
Lo scritto che ha catturato la mia attenzione aveva un titolo che emetteva già una sentenza e riguardava degli immigrati nigeriani, a Como.
Avendo a cuore l’argomento sia professionalmente che umanamente ho proseguito nell’attenta lettura.

Per farla breve, riguardava tre ragazzi (appunto della Nigeria) che avrebbero utilizzato un bus di linea urbana col, dubbio da parte di tutti (anche di chi scriveva), di non aver obliterato il regolare biglietto.
A seguito di questo, dopo alcune richieste dell’autista di presentare i biglietti andate nel nulla, lo stesso ha poi chiamato le forze dell’ordine (Polizia) e da lì ne è uscita una “questione” che si è in seguito concretizzata con una interruzzione temporanea del servizio pubblico, qualche spintone di qua e di là e l’intervento di una seconda volante. Non ultimo il fermo dei suddetti nigeriani con l’accusa di interruzione servizio pubblico, resistenza, ad altro.

In questo ennesimo “editoriale” del fine settimana, mi piacerebbe riflettere e far riflettere voi, magari anche alcuni “attori” della vicenda.

Vi sono due temi che vorrei snocciolare in questa pagina.
Uno è sulla metodologia di proposta e stesura di articoli che riguardano la cronaca, da parte di certe testate (quotidiane in questo caso), sulla scrittura viziata da ideologie politiche, ma anche economiche, religiose, morali.
Certo non è che si scopre l’acqua calda quando si afferma che le linee editoriali siano influenzate da quanto sopra, ne che vi sia la sacrosanta libertà di stampa, come pure, ritengo logico e giusto che si possa anche sbordare dal fatto di cronaca per dare opinioni (lo faccio spesso anch’io, è una scelta).
Quello però che mi rende perplesso e mi irrita a tratti, è che certe testate trattino alcuni temi solo in parte, dalla parte che preferisce, probabilmente dalla parte di uno schieramento, come già scritto: politico, economico, religioso….

In questo periodo alcuni (non tutti per fortuna) trattano l’argomento immigrati, l’argomento profughi, l’argomento clandestini (diverse sfumature di un unica grande battaglia che l’uomo sta perdendo con se stesso) solo da certi angoli, solo da certi punti di vista. E così, è facile leggere di tafferugli, di liti improvvise, di manifestazioni pacifiche che deviano in mini o grandi rivolte, di situazioni sempre con richiami negativi.

Sempre meno sono invece i racconti di verità scottanti, che aprirebbero la mente ai nostri mille interrogativi e sul cosa siamo diventati davvero noi. Raramente si racconta di come si vive in quei paesi da cui provengono questi “migratori” umani; delle condizioni sociali e politiche di quei paesi, nei quali, mentre dormi ti svegliano incursioni di squadre di guerrieri appartenenti ad un’ altra religione (o solo ad una altro ramo della tua stessa religione), che ti prendono, ti portano via, ti tagliano la testa.
Ma non si parla nemmeno troppo di chi magari, tra questi migranti, ha salvato la vita di un altro uomo, della nostra gente che porta loro vestiti, di chi offre loro anche solo dieci minuti per ascoltarli veramente (ed imparare dalle loro storie che il mondo fuori non è fatto solo di centri commerciali, di videogiochi per i figli, di tv 50 pollici, auto wrappate o di spa) .
C’è anche questo sul tema migranti, non solo i pugni tra di loro, gli spintoni alla Polizia, le tende di un giardino pubblico.

L’altro punto di riflessione invece è questo.
Tornando al fatto di cronaca del bus, così come appreso sul sito del quotidiano, mi pongo una domanda: quanti ragazzi bianchi lombardi, lagheè doc, magari anche della “Como bene”, ogni giorno prendono il bus senza pagare il biglietto?
Io non lo so, ma ci saranno?! Mi stupirei del contrario perché è una sfida nell’indole della gioventù.
Non ho mai letto di chiamate alla Polizia, di fermi, sui giornali.
Ma andiamo oltre, andiamo, se mi permettete un po’ più a livello umano.
Lungi da me, davvero, non considerare che la legge è uguale per tutti, per l’amor di Dio, o di Allah.
Però, mi piacerebbe riflettere insieme su questo: se scopro che un immigrato, così come se fosse un qualsiasi clochard, senzatetto, un disoccupato al limite della sopravvivenza, una persona in difficoltà, sia salito su un bus senza pagare il biglietto, io, umanamente, insisterei per creare un altro problema a chi già non sa come arrivare a sera?
Mi spiego meglio: è un biglietto!
Un cazzutissimo bigietto penso da un euro o poco più.

Tutti sanno del problema immigrazione, dei profughi e quello che sta socialmente succedendo in Europa.
Ma non era meglio sorvolare? Non era meglio lasciar perdere? Non era meglio non creare il disservizio per gli altri utenti del bus e chi lo aspettava alla fermata successiva? Non era meglio che due pattuglie delle forze dell’ordine stessero altrove a svolgere servizi più importanti? …. E non sarebbe stato bello che qualche passeggero avesse tirato fuori tre euro o poco più per pagare tre biglietti?

La scorsa settimana scrissi questo editoriale sulla vignetta di Charlie Hebdoma come ? Charlie Hebdo non ci piace?” nel cui interno scrivevo che se non avessero disegnato lo scorso anno quella tragica vignetta, non vi sarebbe stato quell’attentato ed alcuni, oggi, sarebbero ancora vivi.

Allora mi domando: in questi “tempi bastardi” (come diceva in anni non sospetti un famoso comico) dove a volte basta un nulla per morire, mi chiedo (senza giustificare questa eventualità ipotetica) ma se in tutto questo fosse saltato fuori un coltello e fosse morto un poliziotto o un passeggero, o se, in questo sempre ipotetico scenario un agente avesse reagito e fosse partito un colpo alla volta dell’africano… che senso avrebbe più avuto quel cazzutissimo biglietto del bus?

Dov’è finita la tolleranza e la bontà?
Dove vogliamo andare se nei nostri obiettivi primari di uomini e donne ci sono solo le economie europee, la crescita industriale ed il potere d’acquisto, se il nostro scopo è quello di chiudere sempre e comunque la porta, il confine, il cuore?

La risposta a mio avviso è talmente semplice che non riusciamo a capirla nemmeno avendola davanti: nel nulla, nell’oblio, in un nuovo, moderno, post-industriale medioevo dell’anima e sociale.

© Giovanni Salici
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