kayak XXa uscita: traversata a Varenna

Menaggio, sabato 15 agosto 2008 h 18,00 alle 19,55

kayak XXa uscita
traversata a Varenna

Non so più nemmeno che numero di uscita è questa.
Sono rimasto un po’ arretrato anche sui racconti, come in molte altre cose della mia vita.
Alcuni sono scritti in attesa di essere sistemati altri devo proprio scriverli, cercherò di aggiornarmi e aggiornarli.

Sarà circa un anno che non esco più col kayak alla maniera che io definisco “sportiva”, escludendo una importante e lunga uscita di 6 ore sul Delta del Po a maggio, mista tra sportiva e naturalistica fotografica, le altre uscite di quest’anno sono state pressoché ad alta “inclinazione” naturalistica. Curando nidi di folaghe sul lago del Piano o la nidificazione dei Cormorani sul Ceresio.

Oggi, Ferragosto 2009, poco prima delle 18 ero incerto se fare un paio d’ore alla riserva, cercando di nuovo l’airone ed il martino, o se invece buttarmi tranquillo a cercare qualche ondina sul mio Lario.
Alla fine ho deciso, e credo proprio di aver fatto una scelta giusta.
Canoa in acqua davanti all’asilo di Menaggio alle h 18,00, con me solo la Nikon D3x col 24-120 VR, niente tele e zoom tele; l’intenzione era quella di fare un pagaiata rilassante, energica, sportiva, divertente, cercando qualche onda di motoscafo da sferzare o qualche duna lunga di aliscafo da surfare in serenità.
La fotocamera al seguito solo per qualche paesaggio o particolarità dall’acqua.
Punto immediatamente a nord rimanendo sottocosta sino al lido, poi viro bruscamente verso est.
L’acqua è quella bella, frizzante, mossa da una leggera breva da sud-est che pur essendo contro, ti aspira la canoa, ed è un piacere affondare la pagaia in questo crespato blu marino screziato di azzurro.
Mi son detto…. Gio, andiamo in mezzo al lago, a curiosare le barche ferme a prendere il sole del pomeriggio.
Vai vai e vai ed ho incominciato a vedere Varenna un po’ più vicina, e Menaggio, dietro, un po’ più lontano.
Sapete, ogni volta che col kayak mi avvicino un po’ troppo a Varenna mi viene sempre una strana voglia: traversare il lago.
Sarà un po’ come Ulisse e le Sirene.
Altre volte appunto era successo, ma non avevo mai concluso il desiderio, vuoi perchè aumentava la breva in quello stesso istante che pensavo a ciò; vuoi perchè alla fine non avevo troppa voglia o altri pensieri per la testa mi fuorviavano.
Ma oggi sembrava davvero la giornata adatta: voglia di remare, attrezzatura fotografica leggera (tra l’altro non mia ma di Nikon), sole, cielo azzurro, brevetta costante, traffico nautico assolutamente poco numeroso essendo oltretutto ferragosto.
Mentre pagaio penso che potrebbe diventare un appuntamento annuale: “la traversata di Ferragosto”.
Remo e mi avvicino e il sogno, onda dopo onda, diventa realtà.
Dopo alcune foto al largo alle 18,50 arrivo alla meta ambita. Varenna, illuminata dall’ultimo sole del pomeriggio riflette i suoi caratteristici gialli ocra e ambra intensi che rimbalzando sull’acqua a tratti calma, a tratti crespa, si rifrangono nelle lenti del mio obiettivo, così da poterli catturare, come un pittore del 1800 li faceva suoi nelle tele ad olio di quel lontano passato.
Varenna ricorda ancora un villaggio Manzoniano per chi la scopre venendo dal lago, attraverso il battello, magari il Renzo o la Lucia o il Fra Cristoforo, l’Innominato; tutte piccole motonavi che solcano questo centrolago senza trascinarsi dietro orde di turisti assatanati, ma solo silenziosi viaggiatori del Lario, e del tempo.
Resto qui in questo golfo per circa mezz’ora a scattare immagini a pelo d’acqua. Poi aspetto l’attracco e la partenza del ferryboat divertendomi nei sui goglii posteriori che muovono l’acqua e ondeggiano dolcemente la mia canoa.
E’ tempo di tornare, e appena il traghetto molla gli ormeggi, alle 19,20 parto anch’io al suo fianco, sebbene a un paio di decine di mentri, ricercando le onde che mi investono di lato, ma senza problema alcuno.
Son partito, il sole che scende in prua mi indica il ritorno e la sagoma del Logone nella valle del Senagra è ben definita nonostante il controluce. Mi farà la direzione.
E’ strano, a volte remi con la breva contro solcando le onde che si frangono sulla prua eppure il kayak sfila via come se fosse sul burro. altre volte hai sotto l’acqua che è immobile e fai fatica a spostarti, l’acqua dura come la chiamo io.
Infatti a tratti il ritorno è stato un po’ contrastato da un po’ di acqua dura, ma niente di impossibile.
Mi sono divertito con l’aliscafo che che passandomi a 50 metri metri sulla sinistra, mi ha regalato le sue onde, lunghe, sembrano dune blu che si muovono lente, mi diverte prenderle da ogni direzione, di lato, da 3/4, oppure da dietro cercando di surfarle.
Anche questa cosa è curiosa, le grosse imbarcazioni come aliscafi, traghetti e battelli, provocano onde del tutto domabili. Poi ci sono piccoli gommoni fuoribordo che ti scaraventano addosso piccole ma sinuose onde, che uno si domanda come fanno ad essere mosse così da un piccolo motore.
Sono ormai a casa, il sole è sceso dietro il Carlash, la piazza di Menaggio è poco più di cento metri, più mi avvicino a riva più inverosimilmente aumenta la crespatura dell’acqua e un vento un po’ bizzarro vien giù dalla Val Menaggio, sarà la temibile Porlezzina?
Arrivo davanti alla Piazza Garibaldi alle 19,48 tempo di traversata di ritorno 29 minuti. Gio, non male!
Percorro il lungolago e sbarco davanti all’asilo.
Canoa fuori dall’acqua, h 19,53.
Mi faccio un bagno!

km percorsi ca 12

© Giovanni Salici
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